A.R.
Artsteady reviews
Planet Hulk
Ma adesso basta parlare di Hulk,
parliamo di me.
Ciao, sono un ventiseienne
magrolino che porta a spasso un improbabile cespuglio sulla testa.
Dieci anni fa, in un'altra era geologica, ero un sedicenne
grassottello che portava a spasso un improbabile paio di baffetti.
Nel mio personale vissuto economico, i sedici anni rappresentano uno
dei periodi più floridi che abbia mai vissuto: avevo una dignitosa
paghetta mensile che poteva essere spesa completamente in fumetti, al
netto delle pizze del sabato sera.
Prima di cominciare a fumare, c'avevo
il PIL della Svizzera.
In quel tempo, Incredible Hulk
viveva un periodo piuttosto buio e a me, che non avevo assistito ai
periodi di sfavillante splendore precedenti, faceva discretamente
cacare. Tuttavia, in Italia veniva pubblicato su Devil & Hulk ed
io, che avendone la possibilità compravo qualunque albo la Panini,
in combutta con la mia fumetteria, infilasse nella mia casella, non
me lo facevo scappare. Per amor di polemica, aggiungerò che adoravo
il ciclo di Daredevil della premiata ditta Bendis-Maleev, sicché...
Chi era Greg Pak per me? Quello che
aveva scritto Phoenix: Endsong, una storiella tutto sommato
simpatica, disegnata da un Greg Land che ancora non aveva avuto modo
di venirmi a noia.
Chi era Pagulayan per me? Proprio nessuno.
Chi era Pagulayan per me? Proprio nessuno.
Dire che non mi aspettassi nulla da
questo Planet Hulk, ormai sarà chiaro, sarebbe pure troppo.
Cazzo se mi sbagliavo! Nel
giro di poco più di un anno, Pak e Pagulayan (e Lopresti, Frank e il
resto della lista dei disegnatori che Mamma Marvel teneva sotto
contratto così, per uno sfizio suo) mi hanno regalato un'opera di
quelle che ti fanno ricordare perché spendi tempo e denaro nel
fumetto seriale: perché quando sei fortunato, ti capitano storie del
genere.
Poi
gli anni sono passati, i baffi li ho perduti, ho letto le grandi
saghe del Gigante di Giada e ho potuto mettere questa storia accanto
alle altre, ed apprezzarne l'unicità. Pak riesce a destreggiarsi
egregiamente tra le tematiche intimiste che sono sempre state alla
base delle migliori opere del Nostro ingombrante protagonista,
rivisitandole in modo del tutto personale, ma soprattutto
contestualizzandole in una riflessione ben più ampia, strattonata
tra politica, religione e individuo.
Nel prosieguo, farò degli spoiler. Trattandosi di una storia di dieci anni fa, credo di non far torto a nessuno, purtuttavia se non lo avete mai letto e desiderate restare vergini, fermatevi qui: spero di avervi convinto a farlo. Se lo avete letto, non avete nulla da temere. Se non lo avete letto e non ve ne frega un cazzo degli spoiler... beh, siete quelli che preferisco.
Nel prosieguo, farò degli spoiler. Trattandosi di una storia di dieci anni fa, credo di non far torto a nessuno, purtuttavia se non lo avete mai letto e desiderate restare vergini, fermatevi qui: spero di avervi convinto a farlo. Se lo avete letto, non avete nulla da temere. Se non lo avete letto e non ve ne frega un cazzo degli spoiler... beh, siete quelli che preferisco.
“Sai Greg,
House of M è andato molto bene e stiamo pensando di fare qualcosa di
ancora più epocale per la prossima estate. Abbiamo bisogno di te. Ce
l'hai presente Hulk? Ce lo devi togliere dalle palle per un annetto.”
Avrete riconosciuto la parlata colorita di Joe Quesada mentre informa
Pak che lui, la Guerra Civile, l'avrebbe vista giusto col binocolo.
L'incipit è
semplice: gli Illuminati vogliono finalmente liberarsi di Hulk, lo
mettono sopra un razzo in rotta verso un pianeta desolato, ma
qualcosa va storto e il Gigante di Giada finisce su un pianeta
abitato, Sakaar. La popolazione di Sakaar si divide in tre razze
principali, che corrispondono a classi sociali nettamente separate in
uno scenario politico che ricalca molto da vicino l'Impero Romano: i
sakaar, nobili umanoidi rossi , il popolo ombra, la razza grigia dei
sacerdoti e i nativi, insettoidi schiavi. Come in ogni Impero Tipo-
Romano che si rispetti, grande spazio è dato ai giochi tra i
gladiatori, principalmente criminali, reclusi politici e alieni
dispersi finiti per caso sul pianeta. E quindi, Hulk. Qui Hulk fa la
conoscenza di quelli che diventeranno poi i suoi fratelli di guerra:
il nativo Miek, i sakaar Elloe e Lavin, il guerriero ombra Hiroim,
l'alieno roccioso Korg e un membro della Covata. Insieme daranno vita
alla rivoluzione contro l'Imperatore Rosso, una rivoluzione che passa
dalla religione, da una solidarietà da costruire e (ovviamente) da
grandi battaglie.
La grande idea
di Pak è quella di escludere Bruce Banner dall'equazione: su Sakaar
non c'è spazio per il debole umano, ma soprattutto non c'è spazio
per il suo sistema morale. Il nostro novello Spartaco delle taglie
forti, infatti, è chiamato prima di tutto a costruire un proprio
sistema morale, qualcosa che gli permetta di comprendere quali
battaglie combattere, quali nemici affrontare e quali alleati
scegliere. È un processo dinamico, nel quale Hulk viene affiancato
dai suoi fratelli di guerra, ma che sostanzialmente deve rielaborare
e gestire da solo. E' una morale rivoluzionaria, tesa a sovvertire
l'ordine costituito e, soprattutto, ad unire i popoli affinché la
battaglia non sia contro il nemico, ma per gli amici. Per portare a
compimento questo processo, Hulk dovrà demolire l'idea che ha di sé
stesso come distruttore, come mostro e, nel farlo, troverà la
dimensione tutta nuova non dell'eroe, ma del leader politico.
Hulk fa la morale e la incarna,
ma con quale autorità? Dapprima la conquista con la rabbia, la forza
bruta, come chiunque si aspetterebbe. Successivamente però tale
autorità gli viene semplicemente concessa dagli altri, che in lui
vedono un modello, anzi di più: un messia. E questo è uno dei punti
più alti probabilmente di Planet Hulk, perché dietro ogni grande
religione si cela un grande progetto politico, un progetto che,
quando si incarna in un sol uomo non può che renderlo un'emanazione
di dio in terra
Sakaar. Che lui sia o meno l'eletto di cui parla la (solita) profezia
importa poco (importa nulla, per lui), importa il progetto e
l'investitura.
Un personaggio
fondamentale in questo processo di responsabilizzazione è il nativo
Miek, per caratterizzazione assolutamente il miglio personaggio della
run insieme ad Hulk. La storia di Miek si incrocia con quella dello
Sfregio Verde che è ancora un bambino orfano, che necessita di una
figura paterna surrogata che vede in Hulk, e da lui si abbevera per
soddisfare la sua sete di precetti di crescita. Nello gestire la
rabbia di Miek, Hulk deve di fatto imparare a gestire la propria
rabbia e come Hulk prende in carico le sorti di Sakaar, Miek dovrà
prendere in carico le sorti del proprio popolo.
La rivoluzione procede per grandi
battaglie, che poi sono grandi
mazzate. Le città vengono espugnate e le alleanze vengono strette a
cazzotti sul muso e Greg Pak riesce a rendere il tutto estremamente
credibile, coadiuvato da disegnatori estremamente a loro agio con i
ritmi serratissimi imposti alla narrazione. Soprattutto Pagulayan si
dimostra disegnatore di livello, con un tratto sporco e al contempo
deciso, in grado di restituire smalto ad uno scontro dei più
classici in casa Marvel, quello tra Silver Surfer e Planet Hulk. È
un momento decisivo della storia, nel quale i gladiatori si liberano
del controllo diretto dell'Impero e cominciano la loro marcia di
libertà. E' soprattutto uno scontro che viene spogliato di ogni
solennità, è violento e selvaggio perché su Sakaar, prima di Hulk,
nulla poteva essere differente. Ogni singola tavola rappresentante la
rivoluzione è un'esplosione apocalittica di azione rabbiosa, fino
all'ultimo atto.
Quando la rivoluzione finisce,
con la morte dell'Imperatore Rosso, Hulk alle sue spalle non ha
lasciato solo macerie, ma una rete di rapporti e di alleanze
costruite sulla base della lealtà in battaglia e della cessione di
piccole istanze personali, da valorizzare in un progetto di comunità.
La gestione del processo di pace ci restituisce un Golia Verde del
tutto nuovo, completamente a suo agio nel nuovo ruolo di reggente di
un impero che non conosce più la mostruosità, perché dai mostri è
stata fondata. Riuscirà finalmente a trovare la realizzazione
personale, un amore sincero e una speranza per il futuro. Un futuro
che gli sarà negato dalla malvagità degli uomini.
In
Planet Hulk c'è Hulk e un pianeta,
ed è la storia di come il pianeta plasma Hulk ed Hulk lo riplasma a
sua immagine. Hulk non sarà mai più lo stesso, perché porterà
quel pianeta nel cuore, o almeno così sarebbe dovuto essere.
Il seguito
ufficiale sarebbe World War Hulk, ma non vi fidate: è una
baracconata di botte da orbi in cui questo fantastico Hulk lascia il
passo troppo presto alla sua controfigura peggiore.
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