A.R.
Artsteady reviews
FILASTIN: L'ARTE DEL VIGNETTISTA PALESTINESE NAJI AL-ALI
Naji Al-Ali muore il 29 agosto 1987,
dopo 5 settimane di coma, giustiziato con un colpo di silenziatore da
un sicario ancora ignoto, davanti agli uffici di Al-Qabas
International a Londra.
Se ne va così una delle migliori
matite che che il mondo arabo abbia visto. “Non ci hanno nemmeno
provato”, commenta un mio amico in questi giorni. Non ci hanno
nemmeno provato ad inscenare un incidente, a giocarsi la carta del
pazzo mitomane: Naji Al-Ali subisce una spudorata esecuzione.
Chi era quel vignettista che diventato
così ingombrante da meritarsi un trattamento da pluriricercato dai
servizi segreti di mezzo mondo?
“Filastin: l'arte del vignettista
palestinese Naji Al-Ali”, edito da Eris, è una raccolta di
vignette e testimonianze che ci guidano in un viaggio attraverso
l'immaginario fumettistico dell'autore, che si immerge e si confonde
indissolubilmente con la storia delle comunità resistenti contro
l'espansionismo sionista dello stato israeliano. Ci hanno abituato ad
ascrivere questi fatti sotto il nome di “conflitto
israelo-palestinese”, locuzione alla quale sono profondamente
allergico: con queste parole si sottintende uno scontro alla pari ed
una collocazione geografica precisa, una guerra tra due eserciti, uno
scenario lontanissimo dalla realtà dei fatti, come si evince
facilmente dalla lettura del volume.
Ed è forse proprio questa la grandezza
dell'opera di Naji Al-Ali, una lettura lirica che restituisce gli
avvenimenti della Storia alla loro dimensione più umana, che è
quella di uno stato che occupa, colonizza, si espande sulla pelle di
un popolo che coraggiosamente resiste. Tramite la sua matita, la
Palestina travalica i confini geografici, come ebbe modo di
dichiarare egli stesso ad al-Hassna'Assahira nel '75: “Non disegno
per conto di qualcuno, disegno solo per la Palestina, che per me si
estende dall'Oceano Atlantico fino al Golfo”. Certamente, avessimo
avuto la fortuna di averlo ancora in vita, ad oggi avrebbe parlato di
confini ancor più vasti.
“Io sono Handala, vengo dal Campo
Profughi di Ain-Hilwe e giuro che rimarrò fedele alla mia causa e al
mio popolo”.
Quando Al-Ali diventa profugo a soli
undici anni, è costretto a lasciarsi dietro una casa, una vita.
Quando anni dopo si ritroverà tra le mani una matita, da quella vita
spezzata nascerà Handala. Handala è un bambino, un profugo scalzo
che osserva il dolore del suo popolo, i soprusi che è costretto a
subire, i giochi di potere che si sviluppano sui suoi territori e
contro le loro vite, i coraggiosi tentativi di sovvertire quello che,
col tempo e col tacito (interessato) assenso della comunità
internazionale, è diventato l'ordine delle cose. Handala è spesso
in primo piano, sempre di spalle, e costringe il lettore ad assumere
una posizione rispetto alla sua presenza: restare dietro di lui,
avulsi dalla scena, o prendere posto accanto a lui, insieme a quelle
donne, quegli uomini, quegli Handala di ogni età. Da quella
posizione, non si può che essere tutti fedayin.
Handala ha finito con l'essere sintesi
e firma dell'opera del fumettista di Asciagiara e, di più, assurge a
simbolo di quella stessa resistenza di cui è testimone: solo quando
la Palestina sarà finalmente libera, Handala si volterà e dedicherà
il suo sorriso a chi, negli anni, non gli è stato indifferente.
In un periodo in cui il reportage a
fumetti ha guadagnato nuova linfa, in Italia soprattutto grazie
all'opera di Zerocalcare, le vignette di Naji Al-Ali rappresentano
punto di rottura ancora attuale, facendo leva sull'aspetto più
poetico e simbolico del linguaggio fumettistico. Per questo motivo,
per i lettori che non sono addentro alle vicende politiche e
culturali del medio oriente, la raccolta rischia di acquisire una
connotazione ermetica che non le è propria. I simboli a cui fa
riferimento l'autore, infatti, fanno parte del patrimonio culturale
di qualsiasi cittadino arabo e dell'immaginario collettivo della
Resistenza. Ne è un esempio lampante l'uso della chiave come
metafora del ricongiungimento con la propria terra, che fa
riferimento alla consuetudine dei profughi palestinesi di conservare
la chiave della casa che sono stati costretti a lasciare. L'utilizzo
di questo linguaggio, fatto di elementi immediatamente codificati,
costruisce un ponte diretto tra l'autore e il lettore, un rapporto
tra pari nel quale il pubblico può riporre fiducia.
Il tratto di Al-Ali è un tratto
complesso, drammatico, che subisce una evoluzione dinamica vignetta
dopo vignetta, figlia dell'incontro tra l'emotività dell'autore
stesso e la rappresentazione delle tematiche. Si alternano quindi
tratteggi e chiaroscuri, mezze tinte e neri tagliati con l'accetta,
contorni nitidi e stilizzati e dettagli quasi vibranti. Ciascuna
delle tecniche scelte è evocativa di una sensazione, di una emozione
che viene veicolata con una schiettezza disarmante.
Non voglio entrare nel merito di una
singola vignetta nella speranza che chi mi legge decida di acquistare
la raccolta e vivere il viaggio che io ho vissuto. Sebbene si possano
trovare, pagina dopo pagina, vignette distanti temporalmente anche
tre o quattro anni (epoche storiche, per le vicende palestinesi), il
volume è infatti costruito per avere un valore intrinseco che vada
oltre la mera successione, a dare un senso complessivo alla lettura.
Un'esperienza che si conclude giustamente con uno sguardo al
presente, all'eredità che Naji Al-Ali ha lasciato ad una generazione
di artisti, fumettisti, street-artist che, nei campi profughi in cui
tutto è cominciato, danno seguito alla sua promessa ed alla storia
di Handala. L'intifada continua.
Venerdì 18 alle 19:00, giusto qualche
civico più su e qualche ora dopo l'incontro che vedrà il team di
Artsteady al completo presso Alastor Napoli, sarò a Mezzocannone 12 Occupato per discutere di "Filastin: l'arte dei resistenza del vignettista palestinese Naji Al-Ali" assieme ai compagni del Comitato di Solidarietà per il Popolo Palestinese di Torino Sami Hallac e Ahmed Rahyisalmina (e spero molti di voi).
Il
ricavato delle vendite sarà devoluto ad Addameer
Prisoner Support and Human Rights Association.